Animali a rischio: c'è anche il coleottero del faggio
Quando si parla di animali a rischio di estinzione nel Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise è impossibile non pensare subito all'orso, con giusta preoccupazione visto che gli esemplari in circolazione sono attualmente non più di una cinquantina. Ma la natura ovviamente è molto più varia e complessa e la difesa della biodiversità passa anche per l'impegno a tutelare tante altre specie, comprese quelle che hanno dimensioni molto più piccole e vita più breve.
È il caso ad esempio della rosalia alpina. Si tratta di un coleottero davvero bello, che a dispetto del nome non vive solo sulle Alpi, ma in varie aree d'Europa e appunto anche in Appennino. Riconoscibilissimo per il colore azzurro cenere sul quale spiccano macchie nere, ha dimensioni che vanno da 1,5 a 4 centimetri. Caratteristiche sono pure le lunghissime antenne. L'altro suo nome è "cerambice del faggio" e già questo spiega il legame con il Parco, dove le faggete certo non mancano: quello che rischia di venire meno però - in tutto il continente - è in particolare è il legno morto (rami e tronchi) decisivo per lo sviluppo delle larve. Se il bosco viene molto sfruttato, come si spiega in questo interessante articolo, anche l'habitat del coleottero è a rischio.
Cosa si può fare allora? I singoli forse hanno limitate possibilità di migliorare la situazione, anche se quando una specie è a rischio di estinzione per lo meno a livello locale è senz'altro utilissimo anche evitare la raccolta del coleottero a fine di collezionismo: molto meglio lasciarlo dov'è. Proprio la bellezza della rosalia alpina ne fa un "specie ammiraglia" che può aiutare a sensibilizzare il grande pubblico sulla necessità di misure a tutela della biodiversità. Un po' come accade per il più grande orso marsicano.
È il caso ad esempio della rosalia alpina. Si tratta di un coleottero davvero bello, che a dispetto del nome non vive solo sulle Alpi, ma in varie aree d'Europa e appunto anche in Appennino. Riconoscibilissimo per il colore azzurro cenere sul quale spiccano macchie nere, ha dimensioni che vanno da 1,5 a 4 centimetri. Caratteristiche sono pure le lunghissime antenne. L'altro suo nome è "cerambice del faggio" e già questo spiega il legame con il Parco, dove le faggete certo non mancano: quello che rischia di venire meno però - in tutto il continente - è in particolare è il legno morto (rami e tronchi) decisivo per lo sviluppo delle larve. Se il bosco viene molto sfruttato, come si spiega in questo interessante articolo, anche l'habitat del coleottero è a rischio.
Un esemplare di Rosalia alpina incontrato alla Camosciara |
Cosa si può fare allora? I singoli forse hanno limitate possibilità di migliorare la situazione, anche se quando una specie è a rischio di estinzione per lo meno a livello locale è senz'altro utilissimo anche evitare la raccolta del coleottero a fine di collezionismo: molto meglio lasciarlo dov'è. Proprio la bellezza della rosalia alpina ne fa un "specie ammiraglia" che può aiutare a sensibilizzare il grande pubblico sulla necessità di misure a tutela della biodiversità. Un po' come accade per il più grande orso marsicano.
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